Paesaggisti Italiani: Paolo Pejrone

mondo-del-giardino Paolo Pejrone

Con Paolo Pejrone inauguriamo la serie riguardante i paesaggisti italiani famosi.

A cosa serve sapere chi sono? Studiare il passato per far meglio in futuro è uno degli insegnamenti che si devono acquisire. Oggi più di ieri è anche importante il percorso che hanno fatto per diventare ciò che sono.

Le strade da percorrere sono tutte nuove e non dobbiamo avere paura di affrontarle.

Se possiamo prendere spunto dal cammino di qualcun altro forse sarà più facile prendere decisioni anche impopolari pensando che i grandi del passato lo hanno fatto prima, hanno affrontato i dissensi ed hanno disegnato una nuova strada.

 

Chi è Paolo Pejrone? Quali giardini ha fatto Paolo Pejrone?

Mi aspettavo di trovare moltissime notizie su Paolo Pejrone in rete e sui suoi progetti, invece c’è pochissimo. Nonostante venga riconosciuto come un vate della progettazione dei giardini, su di lui è scritto poco e sui suoi giardini pochissimo. In parte questo è sicuramente dovuto alla sua timidezza di giardiniere – come da lui stesso detto – e forse anche dal fatto che molti dei giardini sono privati e quindi poco disponibili per le analisi degli esperti.

Come dice Guido Giuppini (nel suo libro Il giardino degli equivoci) che trovate raccontato in questo articolo: “[…] Viene il sospetto che una delle ragioni della relativa arretratezza della storiografia del giardino […] dipenda dall’essere stata […] (solo) in virtù della relativa sopravvivenza delle parti architettoniche, appannaggio degli storici dell’arte e dell’architettura, propensi a considerare la componente vegetale del giardino come un semplice arredo, e il giardinaggio una faccenda da ortolani […] O forse nell’essere considerato il giardino, per inveterato giudizio idealistico, come un’arte minore.”

Ma noi sappiamo che non è un’arte minore. Mondo del giardino la può definire, a ragione, il centro del proprio universo.

 

Paesaggisti italiani famosi: Perché Paolo Pejrone per primo?

Paolo Pejrone è il primo paesaggista italiano moderno. Studia prima con Russel Page e poi con Roberto Burle Marks – potremmo dire il diavolo e l’acqua santa del paesaggismo mondiale. Da come lui stesso ne parla sembrerebbe che fosse attirato dalla figura di Burle Marks proprio perché Russell Page considerasse la natura troppo prona al proprio volere. Infatti il secondo gli ha insegnato che la natura può essere disobbediente chiudendo il cerchio armonico degli insegnamenti ricevuti.

Sul sito dell’AIAPP trovate un’esaustiva presentazione del curriculum professionale di Paolo Pejrone, per cui noi procederemo su un altro canale: quello del racconto diretto.

 

Paolo Pejrone è un giardiniere o un paesaggista?

Ci raccontano che “[…] si laurea con grande noia e molta difficoltà in Architettura al Politecnico di Torino […]” e lui aggiunge “Per diventare giardiniere ho dovuto diventare architetto per non essere preso a calci.”

All’epoca sicuramente non voleva fare architettura, ma poi queste informazioni sono rimaste fondamentali per la percezione organizzata dello spazio.

Racconta “[…] Avevo cinque o sei anni, la guerra era finita da poco, ricordo benissimo il giorno in cui Giovanni e Maria (i giardinieri della tenuta) mi diedero da lavorare un piccolo lembo di terra del grandissimo orto della famiglia […] Inizialmente mi furono date da trapiantare due o tre file di insalata e dopo alcune piantine di cipolla [che] nel periodo estivo crescono a vista d’occhio e in tal modo ebbi le prime soddisfazioni […]” (Il vero giardiniere non si arrende – Paolo Pejrone 2003)

“L’8 gennaio 1970 (aveva 29 anni), di passaggio a Torino dove si trovava per lavorare al giardino dei Frescot, bloccato da una copiosa nevicata di metà gennaio, Russel Page si trovò ad avere qualche ora libera: mi ricevette in fondo a un salone immerso nella semioscurità. Un caminetto rischiarava l’atmosfera con il suo calore e la sua luce” così iniziò l’apprendistato con il grande giardiniere.

 

Cosa possiamo imparare da Paolo Pejrone?

Ci racconta “[…] In Inghilterra, da Russell Page, ho imparato la grande qualità formale aristocratica del giardino. Ho saputo poi di Burle Marx, pronipote di Karl Marx, che rappresentava (invece) la rivoluzione. Quando ho detto a Russell che andavo a lavorare da Burle Marx mi ha detto cosa vai a fare da quei buzzurri. Ma io ne ero attirato. Con lui ho imparato a rompere gli schemi. A capire che le piante potevano essere indomite e non solo domate. Una finestra di grande ossigeno.

Poi sono tornato in Italia per mettere in pratica quello che avevo imparato: un disastro.

Mio papà diceva: è architetto e non vuole usare i mattoni.

Poi qualcuno è stato temerario fidandosi di me ed io umilmente mi sono messo a disposizione.”

Quanti di noi affrontano ancora oggi un genitore o una situazione lavorativa dove la grandezza di questo lavoro non viene riconosciuta.  Anche Paolo Pejrone ha avuto questi problemi, ma non ha mollato. Ha creduto negli insegnamenti ricevuti (e in sé stesso)

“Non sono mai stato un teorico e non ho cercato di esserlo. Ho lavorato (a testa bassa) con buon senso e mestiere”.

 

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Pensieri e considerazioni del primo paesaggista italiano moderno

Cosa pensa paolo Pejrone del terrazzo?

40 anni fa non c’erano terrazze. Oggi tutte terrazze. Roma diventa l’epicentro della terrazza. Ippolito pizzetti viveva la sua terrazza. Caricava di terra e bagnava e tutto finiva di sotto. Molte cause, molte dismissioni del verde in terrazzo. Poi tornava con la terra in ascensore. Ma sui terrazzi spesso c’è molto allestimento e poco giardino. Non c’è niente di peggio che trattare la natura come non natura facendola diventare una serva.

 

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Cosa pensa Paolo Pejrone del giardino privato?

Il giardino da élite è diventato un fatto pop. Per seminare ci vogliono i tempi giusti. Bisogna aspettare. Il “tutto e subito” è un errore di oggi.

Ad esempio Il giardino di Virginia Wolf è in stile Bloomsbury è hippie ben piantato, frutta e verdura hanno un ruolo più importante di lavanda e giacinti.

Quando una pianta non viene bene, bisogna togliersi di torno le rogne, regalarla alla Rosina, come faceva mia nonna, che le piantava nel giardino della parrocchia e venivano benissimo oppure mettere le coccinelle.

Il giardino deve essere un piccolo esempio di ecologia casereccia che fa bene anche intorno a noi. Non c’è niente di più deficiente ed egoista del pratino all’inglese. Avete mai pensato a quanto costa in acqua e trattamenti? In ore di tosatura? Io non lo faccio. Poi liberi tutti. Facciamo gli scendiletto all’inglese e lasciamo il resto all’italiana.

Il giardino ammette errori. Il giardino è complicato. Piccole accortezze quotidiane ma fondamentali. Bisogno di tempo, cura e occhio.

 

 

Cosa pensa Paolo Pejrone del giardino pubblico?

Il privato può sbagliare. La città no. Ad esempio riguardo ai Bagolari (Celtis australis) piantati a Torino fuori dal salone internazionale del libro ad una distanza di 5 mt. l’uno dall’altro: troppo vicini.

Il mondo va avanti e noi dobbiamo andare con lui facendo meno errori possibili. A Masino ha copiato (bene) la Francia. Potare le piante con chi le ha cresciute che ti dice anche come curarle.

 

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Paolo Pejrone e i giardini pubblici: gli esempi

(Prendiamo ad esempio Parigi) I francesi alla fine della guerra erano come noi – ma in brevissimo tempo sono diventati leader nel resto del mondo. A Parigi hanno speso cifre enormi per rinnovare i giardini pubblici (se volete capire l’organizzazione del comune di Parigi vi consigliamo l’articolo “Un agronomo a Parigi”).

Il direttore del Parco Nord Milano ha ottenuto che andassi a trovarlo e siamo andati al parco. Gente saltava correva ecc. Mi sono preoccupato e lui ha detto che era un giardino sicuro. Nessun cespuglio. Visioni lunghe, alberi con tronco pulito. Nessun pezzo di carta per terra. Nelle gabbie degli uomini curavano degli orti pubblici. Loro diventano i sorveglianti del posto.

 

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Paolo Pejrone e gli architetti

Bisogna lavorare con gli architetti (nelle città e nel paesaggio) – pur se con difficoltà: non vado d’accordo con gli architetti. Poi con gli archistar andiamo malissimo. Non tutti. Mi dicono: poi tu pianti due piante. Si ma ho bisogno di spazio per le due piante invece gli architetti si allargano, sgomitano.

Cambiare un paesaggio richiede audacia. le piante devono vivere con esuberanza ma ci vuole previsione, cura e protezione. La natura va protetta perché deve vivere tranquilla. L’architetto deve imparare che c’è qualcosa oltre il cemento. Viene abusato l’inerte. Un giardino sporco è anche bello. Non tutto è una linea. L’esuberanza serve. Gli alberi non sono pali. La natura non è nemica. L’architetto deve capire che la natura cresce. Bisogna lasciare il passo a piante robuste e forti che non hanno bisogno di veleni. 

(L’uomo deve reinserirsi nella natura e non mettersi al di sopra).

I giardini pubblici in Italia sono stati fantastici. Torino aveva una storia di giardini pubblici con un sindaco che li fece lui perché era più bravo dei giardinieri. Il giardino pubblico è molto differente dal giardino privato. Due mondi che si possono contrapporre. Facilissimo di manutenzione e di piantamenti e difficilmente rovinabile.

 

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Cosa pensa Paolo Pejrone dei concimi?

Non si concima con concimi chimici e non si avvelena. Oggi dobbiamo fare attenzione alle risorse e al chimico. La mia è tutta intuizione. Io ho naso. Non sono raffinato. Sono un ecologista di periferia. Perché devo spruzzare i pomodori di poltiglia bordolese e poi mangiarli? Avere un orto è un privilegio immenso perché so con cosa viene concimato.

Il libretto per combattere le malattie non serve se non all’industria chimica.

Io faccio il compost anche con la carta, foglie secche, cacche del cane, marcisce e diventa supporto.

Il giardino deve essere un piccolo esempio di ecologia casereccia che fa bene anche intorno a noi.

Quando ero giovane qualcuno mi aprì una finestra sul golf. Questi prati hanno tappeti penosissimi. I golf club grandi hanno i green keeper che passano il tempo a fare i chimici. In effetti sono perfetti ma a scapito dei nostri vecchi e cari prati per i quali spezzo uno spadone perché a maggio fiorivano. A giugno venivano tagliati e poi in luglio davano una seconda fioritura e nel resto dell’anno sempre qualcosa.  Si possono piantare rose, ma qualsiasi cosa al posto del prato all’inglese.

Per proteggere le piante do il verderame. Quello che non resiste muore.

 

 

Quali giardini ha fatto Paolo Pejrone? Possono essere visitati?

Oggi Paolo Pejrone, dopo decenni di onorato lavoro, ha giustamente appeso la squadra al chiodo (ma non la zappetta). Cosa ci facciamo bastare di lui? In realtà molto (ma mai abbastanza). Prima di tutto i suoi giardini che in parte sono visitabili. Avrei voluto fornirvi un elenco di questi, ma non l’ho trovato da nessuna parte. Poco male: vorrà dire che faremo un secondo articolo. Eccone qualcuno (non tutti visitabili):

Villa Frescot della famiglia Agnelli, Revello (sua abitazione), i Giardini Reali di Venezia, l’Orto di Elio Gabalo tra le rovine dell’Anfiteatro Castrense attiguo alla basilica romana di Santa Croce in Gerusalemme a Roma (di cui dice che non rimane nulla), l’Orto del Castello di Miradolo, il Giardino di Capalbio e Villa Medici a Roma, l’Oasi Zegna.

 

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I libri di Paolo Pejrone: Sapienza e conoscenza delle piante, del giardino e della professione di giardiniere e paesaggista

Poi restano i suoi libri pieni di consigli pratici, sapienza data dalla conoscenza delle piante e molto di sé come persona e come giardiniere: In giardino non si è mai soli. Diario di un giardiniere curioso (2002); Il vero giardiniere non si arrende. Cronache di ordinaria pazienza (2003); I miei giardini (2008); Gli orti felici (2009); Cronache da un giardino (2010); In giardino d’Inverno (2013); Le foglie d’autunno (2014); Un giardino semplice. Storie di felici accoglienze e armoniose convivenze (2016); La pazienza di un giardiniere (2016); I dubbi del giardiniere. Storie di Slow Gardening (2021).

Infine, ma non meno importanti, restano i video delle sue partecipazioni a congressi e presentazioni: non si finirebbe mai di ascoltarlo.

Per questo motivo ho lasciato spazio alle sue parole prese qua e là a formare il suo pensiero e lo ringrazio per l’immensa cultura che ha donato.

 

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Il consiglio del mondo del giardino

Per il progettista non sempre è possibile fare un lavoro dall’inizio alla fine, ed anzi è raro. Più spesso sarà una piccola partecipazione ad un lavoro e questo è già progetto. Anche un consiglio professionale è progetto.

Ora a cavallo! Il lavoro ci aspetta! Il nostro nuovo meraviglioso spazio esterno sta per nascere!

BUON LAVORO e…se avete domande scrivete pure a info@mondodelgiardino.com

Fonti delle immagini: si ringrazia iltorinese.it per la foto di copertina del Sig. Pejrone e artribune.com per la foto dei social del Sig. Pejrone, si ringrazia Pixabay ed in particolare PublicDomainPictures per la farfalla, Melk Hagelslag per i tulipani, congerdesign per le rose sul legno, Rita-?‍? und ? mit ❤ per il cesto di Lillà, Couleur per i crochi, Anja per le rose a peonia, Bruno Germany per le fucsie, schneeknirschen per la Rosa Tea, Rudy and Peter Skitterians per i tulipani.